E’ partita la rassegna “Il giovedì del circolo delle donne”, ciclo di incontri mensili dedicati a donne che hanno fatto la storia.
La rassegna è curata dall’Associazione Dream Team – Donne in Rete in collaborazione con la Biblioteca Le nuvole del Centro Hurtado e il progetto Musica Libera Tutti. Il ciclo ha preso avvio il 4 novembre al Centro Hurtado di Scampia.
Le nostre socie, Sara Di Somma – psicologa e Rosa Bianco – insegnante, hanno discusso con la platea la tormentata figura di Frida Kahlo, simbolo di libertà e indipendenza femminile.
L’incontro è stato moderato dalla presidente Patrizia Palumbo e allietato dagli intermezzi musicali tematici dei musicisti del progetto Musica Libera Tutti. Infine, Anna Mauro, responsabile della biblioteca, ha fornito interessanti spunti di lettura e letteratura femminile.
Di seguito pubblichiamo la monografia dell’artista e poetessa Frida Kahlo, a cura di Rosa Bianco. Vi aspettiamo il 2 dicembre per il prossimo incontro!
Frida Kahlo è la figura dominante dell’arte messicana, ma anche la pittrice latinoamericana più celebre del 1900. Il marito è Diego Rivera, tra i più famosi muralisti del Messico, con il quale forma una delle coppie più esemplari della storia dell’arte mondiale. Nata nel 1907 a Coyoacán, a sud di Città del Messico, sposa subito i i valori della Rivoluzione messicana e tra questi soprattutto l’amore per la cultura popolare. Frida, infatti, per esprimere la sua interiorità, crea un proprio linguaggio figurativo, che si rifà soprattutto all’arte popolare messicana; vi sono infatti, immagini votive popolari, raffigurazioni di martiri e santi cristiani, ancorati nella fede del popolo, che insieme e alle nozioni tecniche sulla fotografia acquisite dal padre, creano un legame inscindibile tra la sua produzione artistica e la storia del Messico.
Frida, a sei anni, è colpita dalla poliomielite: piede e gamba destra rimangono deformi e lei li copre con le sue famose gonne messicane; più tardi, il 17 settembre 1925, l’autobus diretto a Coyoacàn, su cui Frida Kahlo era salita con il suo ragazzo, Alejandro Gomez, per tornare a casa dopo la scuola, si scontra con un tram e lei subisce diverse fratture alla colonna vertebrale, alle vertebre lombari e all’osso pelvico, oltre a una ferita penetrante all’addome. All’ammalata viene prescritto di portare un busto di gesso per 9 mesi, e il completo riposo a letto per almeno 2 mesi dopo le dimissioni dall’ospedale.
La madre di Frida trasforma il letto di Frida in un letto a baldacchino e fa montare sopra un enorme specchio, in modo che Frida, immobilizzata, possa almeno vedersi. E’ qui che Frida comincia a dipingere quegli autoritratti che ce la ricordano, con i suoi occhi sovrastati dalle sopracciglia scure, particolarmente marcate, che si uniscono alla radice del naso ad ali di uccello. In queste rappresentazioni di sè Frida infrange i tabù relativi al corpo e alla sessualità femminile, che l’hanno resa l’icona della libertà e dell’indipendenza femminile tra le più note al mondo. Nel 1928 frequenta un gruppo di giovani comunisti e tra questi stringe amicizia con la fotografa Tina Modotti. Sarà proprio Tina a far conoscere a Frida Diego Rivera: un pittore e muralista tra i più importanti in Messico.
Quando Frida se ne innamora lui è un uomo pesante, gigantesco ed era già stato sposato due volte e aveva quattro figli. Il 21 agosto del 1929 si sposano. Lei ha 22 anni, lui quasi 43. La malformazione pelvica, dovuta all’incidente, non le consente di portare a termine le sue gravidanze, rendendole l’esistenza piuttosto tormentata. Frida, infatti, ha diversi aborti e deve affrontare oltre trenta operazioni. Tutti questi eventi dolorosi Frida li rappresenta nei suoi dipinti, con straordinario talento pittorico.
Nel 1934 si separa da Diego che, nel frattempo, aveva avuto diverse avventure con altre donne, compresa sua sorella Cristina. Lei, in parte di conseguenza, ha rapporti con altri uomini e donne, tra i quali il rivoluzionario russo Lev Trotskij, il poeta Andrè Breton e la militante comunista fotografa Tina Modotti. I tradimenti, però, non minano mai definitivamente il loro amore. Gli altri, le altre, in fondo, non contano quanto il loro amore, come dice la stessa pittrice in una lettera del 1935.
«Perché dovrei essere così sciocca e permalosa da non capire che tutte queste lettere, avventure con donne, insegnanti di “inglese”, modelle gitane, assistenti di “buona volontà”, le allieve interessate all’ “arte della pittura” e le inviate plenipotenziarie da luoghi lontani rappresentano soltanto dei flirt? Al fondo tu e io ci amiamo profondamente e per questo siamo in grado di sopportare innumerevoli avventure, colpi alle porte, imprecazioni, insulti, reclami internazionali – eppure ci ameremo sempre…
Credo che dipenda dal fatto che sono un tantino stupida perché tutte queste cose sono successe e si sono ripetute per i sette anni che abbiamo vissuto insieme e tutte le arrabbiature da cui sono passata sono servite soltanto a farmi finalmente capire che ti amo più della mia stessa pelle e che, se anche tu non mi ami nello stesso modo, comunque in qualche modo mi ami. Non è così? Spero che sia sempre così e di tanto mi accontenterò. Amami un poco, io ti adoro, Frida» (23 luglio 1935).
Negli anni Quaranta, la fama di Frida è talmente grande che le sue opere vengono richieste per quasi tutte le mostre collettive allestite in Messico. Nel 1943 viene chiamata ad insegnare, assieme ad altri artisti, alla nuova scuola d’arte della pedagogia popolare e liberale: l’Esmeralda, dove con metodi poco ortodossi insegna ai suoi allievi soprattutto l’amore per la gente e per l’arte popolare. Nel 1953, alla sua prima mostra personale, allestita dalla amica fotografa Lola Alvarez Bravo, partecipa sdraiata su un letto, dato che se i medici le hanno assolutamente proibito di alzarsi. Nel 1954 si ammala di polmonite. Muore per embolia polmonare la notte del 13 luglio, nella sua Casa Azul, a 47 anni.
L’opera di Frida affonda le sue radici nella tradizione popolare, ma anche nelle sue esperienze di vita e nelle sofferenze patite, che riesce a esprimere con grande forza: Frida sublimerà nell’arte il suo dolore, ma anche la sua grande gioia di vivere. E non solo. La sua arte è completamente immersa nel suo tempo. Sono costanti, infatti, i richiami a un Messico che attraversa profonde trasformazioni sociali, politiche e culturali, anelando a diventare il Messico moderno del XX secolo.